lunedì 23 gennaio 2017

Omnium non modo Italiae sed totius orbis terrarum Campaniae plaga pulcherrima est. ANALISI

Omnium non modo (non modo: avverbio: non soloItaliae (Omnium: gen. sing attributo di Italiae: genitivo sing. partitivo: complemento di paragone) sed (congiunzione avversativa) totius (genitivo partitivo attributo di orbis) orbis (genitivo singolare partitivo: complemento di paragone) terrarum (gen. di specificazione riferito ad orbis) Campaniae (nom. plur, attributo soggetto) plaga (nom. plur, soggetto) pulcherrima est (predicato nominale; est: copula; pulcherrima: parte nominale nominativo singolare composto da un aggettivo superlativo realativo). Nihil (nom. sogg.) mollius (predicato nominale, est sott'inteso, aggettivo di grado comparativo) caelo (abl. singolare: compl. di comparazione): denique (cong) bis (avv numerale) vernat (predicato verbale). Nihil (nom. sogg.) uberius (predicato nominale, est sott'inteso, aggettivo di grado comparativo) solo (compl di paragone abl. sing.), nihil hospitalius mari: hic (avv) sunt (p.v.) nobiles (nom. plur. attributo del sogg.) portus (sogg nom plur.), Caieta (nom. sing.), Misenus (nom. sing.), tepentes (nom sing, part. pres. aggettivale, attributo di Baiae) fontibus (abl. plur. di causa) Baiae, lacus (nom, plur, sogg.) Lucrinus (nom sing. apposizione) et Avernus (nom sing. apposizione), ubi (avv) mare quiescere (mare: acc sing. + quiescere: infinito presente = infinitiva retta dal verbo videtur--> subordinata completiva soggetiva) videtur (videor: sembrare. Predicato verbale). Hic (avv) [est sott'inteso: ci sono] vitibus arboribusque (vitibus arboribus: ablativi plurali d'agente) amicti (part. passato aggettivale concorda con montes) montes (sogg nom plur), Gaurus, Falernus, Massicus (nomi dei monti, n. sing, apposizioni) et pulcherrimus (agg. di grado superlativo relativo, nom sing, attributo di Vesuvius) omnium (gen. sing. partitivo: termine di paragone) Vesuvius (sogg, nom sing), Aetnaei ignis (aetnaei: agg. gen sing attributo di ignis: gen sing--> compl. di spec.) imitator (attributo Vaesuvius). Urbes (nom plur. sogg.) ad mare (ad mare= accusativo di moto a luogo) (sunt) Formiae (nom sing.), Cumae , Puteoli, Neapolis, Herculaneum, Pompeii (nominativi singolari, predicato nominale con sunt tra parentesi) et caput (sogg, nom. sing) omnium harum urbium (omnium harium: agg gen plur riferiti a urbium: gen plur. di specificazione), Capua (apposizione di caput nom. sing),  quondam (avv.) inter tres maximas (superlativo relativo) urbes (inter tres maximas urbes: inter+acc. = partitivo) mundi (gen. partitivo) numerata (part. passato).


sabato 14 novembre 2015

Latino: TARDA ETÁ IMPERIALE

Dai Severi a Diocleziano
(193-305)

Il III secolo è un momento piuttosto drammatico nella storia di Roma. Continue guerre civili con conseguenti decimazioni dei ceti dirigenti, impoverimento delle zone attraversate dagli eserciti, difese indebolite dalle pressioni barbariche alle frontiere oltre ai cambiamenti interni sociali, istituzionali, religiosi che mettevano in discussione le basi stesse dell'impero.
Sorsero tendenze centrifughe e spinte separatiste createsi per sostituire le strutture centrali dello stato con amministazioni autonome, decentrate, che talvolta petendono di diventare esse stesse di avere dignità statale (regno di Palmira in Oriente e l'Imperium Galliarum in Occidente). Contro il pericolo di sfaldamento le corti imperiali reagirono in modo diversi in base al periodo e la situazione. Nei primi anni del socolo i Severi promossero una rigorosa politica accentratrice accompagnata da una campagna democratizzante, ma soprattutto per quanto riguarda la situazione delle provincie. In questa politica si inserisce la Constitutio Antoniana, promulgata da Caracalla nel 212, che concedeva la cittadinanza romana a tutti i liberi residenti nel territorio dell'impero.
Con la fine della dinastia dei Severi, nel 235, si apre il periodo più confuso di questo secolo, caratterizzato da un grande numero di imperatori che rimangono in carica per solo pochi giorni contrapponendosi l'uno all'altro e dando vita ad effimere amministrazioni ed ancor più effimeri progetti politici.
Nel frattempo le due principali frontiere, europea ed asiatic, sono sottoposte a continua pressione, resa gravosa dalla contemporaneità degli attacchi. Sul confine del Danubio e Reno, le popolazioni germaniche riescono ad arrivare ben dentro il territorio dell'impero con le loro incursioni; sul confine orientale il nuovo regno dei Sass°nidi succeduto ai Parti nel 224 inizia un'espansione. Anche altre frontiere, con scozzesi in Inhilterra ed i territori in Africa con le popolazioni provenienti dal Sud.
In questo contesto, l'esercito aveva assunto un fondamentale ruolo di potere ai fini della sopravvivenza dell'impero che portò al conseguente controllo della scelta dell'imperatore da parte delle truppe e gli stessi comandanti non sono più esponenti degli alti ranghi ma provengono anche da classi sociali inferiori, vengono reclutati anche barbari, mobilità che porte ad essere imperatori un trace Massimino ed un arabo Filippo.
Per quanto riguarda i problemi economici essi erano connessi a quelli militari:  le campagne si spopolavano, le città con le cinte erano più sicure ma erano esposte ad assedi e saccheggi, le vie di comunicazione erano insicure ne conseguì una generale riduzione dei commerci, la necessità di ingenti somme per la difesa militare comportò un inasprimento fiscale che mise in crisi molte attività economiche, forte inflazione portò all'aumento dei prezzi. A tutto ciò vanno aggiunte catastrofi naturali e terremoti ed epidemie.

Cristianesimo

Questa situazione favorisce sicuramente il diffondersi e l'accrescersi di ideologie fatalistiche-millenaristiche, la paura della fine del mondo e l'attesa di una salvezza oltremondana, si diffondono nuove sette misteriche e atticchisce il Cristianesimo che nel giro di due secoli prevale su altri culti.
Arriva a contare, durante il III secolo, adepti di tutti i ceti sociali conquistando in particolar modo a Roma il favore di nobil donne di famiglie ricche e importanti che assicurano loro sostanziose elargizioni e prestigio nelle classi alte. 

venerdì 13 novembre 2015

Traduzione: De agri cultura Catone Praefatio Est interdum praestare mercaturis rem quaerere

Est interdum praestare mercaturis rem quaerere, nisi tam periculosum sit, et item fenerari, si tam honestum sit. Maiores nostri sic habuerunt et ita in legibus posiverunt, furem dupli condemnari, feneratorem quadrupli. Quanto peiorem civem existimarint fenerationem quam furem, hinc licet existimare. Et virum bonum quom laudabant, ita laudabant, bonum agricolam bonumque colonum. Amplissime laudari existimabatur qui ita laudabatur. Mercatorem autem strenuum studiosumque rei quaerendae existimo, verum, ut supra dixi, periculosum et calamitosum. At ex agricolis et viri fortissimi et milites strenuissimi gignuntur, maximequepius quaestus stabilissimusque consequitur minimeque invidiosus, minimeque male cogitantes sunt qui in eo studio occupati sunt.

E' preferibile, alle volte, cercare fortuna nei mercati (commerci), se non fosse tanto pericoloso, e anche prestare usura, se fosse tanto onesta. I nostri avi così ritenevano e fissaron per legge che il ladro fosse condannato al doppio e l'usuraio al quadruplo. Si può stimare quanto peggior cittadino fosse considerato per loro l'usuraio rispetto al ladro. E quando lodavo un uomo valoroso, così lo lodavano: buon agricoltore e buon colono;  ampissimamente era laudato chi così veniva lodato.
Io stimo il mercante certamente uomo attivo e studioso per il suo profitto, ma, come detto sopra, rischioso e pericoloso; dai contadini nascono gli uomini più forti e validissimi soldati, è la che si realizza il più giusto guadagno, il più saldo, il meno esposto malanimo altrui, e chi è occupato a quest'attività è estraneo più di ogni altro ai pensieri cattivi. 

Traduzione: Accio - Brutus 17-29, 29-38

Tarquinio il superbo racconta il suo sogno ad un Vates, un indovino che ne interpreta il significato.
Questo Testo di Accio, il Brutus, viene citato anche da Cicerone in De Divinatione Libro I 44


17-29 29-30


TA: Quoniam quieti corpus nocturno impetu
dedi, sopore placans artus languidos,
visust in somnis pastor ad me appellere
pecus lanigerum eximia pulchritudine;
duos consanguineos arietes inde eligi
praeclarioremque alterum immolare me;
deinde eius germanum cornibus conitier,
in me arietare, eoque ictu me ad casum dari;
exim prostratum terra, graviter saucium,
resupinum in caelo contueri maxumum ac
mirificum facinus: dextrorsum orbem flammeum
radiatum solis liquier cursu novo...

Dopo che, arrivata la notte affidai al riposo il corpo, lasciando nel sopore i miei arti stanchi: in sogno mi sembrò che un pastore sospingesse verso me un gregge lanuto di esimia bellezza; da esso furono scelti due arieti fratelli ed io ne immolai il più bello. E il suo fratello puntò le corna, si scagliò su di me, e per quel colpo caddi; dopo, gravemente ferito steso a terra, supino guardai in cielo un grandissimo e straordinario prodigio: l'infiammato disco raggiante del sole si dileguava verso destra cambiando il suo percorso.
29-30

VA: Rex, quae in vita usurpant homines, cogitant curant vident, quaeque agunt vigilantes agitantque, ea si cui in somno accidunt, minus mirandum est; sed in re tanta haud temere visa se offerunt. Proin vide ne, quem tu esse hebetem deputes aeque ac pecus, is sapientia munitum pectus egregium gerat teque regno expellat; nam id, quod de sole ostentum est tibi, populo commutationem rerum portendit fore perpropinquam. Haec bene verruncent populo! Nam quod ad dexteram cepit cursum ab laeva signum praepotens, pulcherrume auguratum est rem Romanam publicam summam fore.

O re, quel che in vita gli uomini usan fare, quel che pensano, curano, vedono e che da svegli compiono ed operano, se tutto questo accade in sogno a qualcuno, non fa meraviglia; ma non accaso gli dei offrono inaspettatamente un tale prodigio. Perciò guarda che colui che stimi senza senno, come un animale, non abbia l'animo ben munito di saggezza, e non ti scacci dal regno: quello che ti è stato mostrato del sole rivela che avverrà per il popolo un mutamento di governo assai prossimo. Esito felice ne venga al popolo! Giacchè, l'astro possente abbia volto il suo corso da sinistra a destra, è un meraviglioso augurio di somma grandezza per lo stato romano.

Pacuvio Niptra vv 290-292 Cedo tuum pedem mi lymphis

Cedo tuum pedem mi, lymphis flavis fulvum ut pulverem
 manibus isdem quibus Ulixi saepe permulsi abluam
 lassitudinemque minuam manum mollitudine.

Dà qua il tuo piede a me,  perchè con quelle mani con cui spesso toccai il piede di Ulisse, io possa lavare nell'acqua limpida/chiara la scura polvere e allevi con le mani delicate las tua stanchezza.

Pacuvio- Ilonia L'ombra di difilo 227-231 - Mater te appello tu quae curam somno suspensam

Mater, te appello, tu quae curam somno suspensam levas
neque te mei miseret, surge et sepeli natum tuum prius
quam ferae volucresque...
neu reliquias sic meas sireis denudatis ossibus
per terram sanie delibutas foede divexarier.

Madre, te chaimo, chiamo te che col sonno
dai riposo e sollievo alla pena
e non hai compassione per me:
sorgi (alzati) e seppellisci tuo figlio prima
che fiere (bestie) ed uccelli...
non lasciare che le reliquie (resti) mie corrose, che le denudate (scarne) ossa
siano orrendamente lacerate e sparse sulla terra, grondanti putredine

domenica 21 settembre 2014

Cicerone: Ad Familiares liber 12, 2

Vehementer laetor tibi probari sententiam et orationem meam; qua si saepius uti liceret, nihil esset negotii libertatem et rem publicam reciperare; sed homo amens et perditus multoque nequior quam ille ipse, quem tu nequissimum occisum esse dixisti, caedis initium quaerit, nullamque aliam ob causam me auctorem fuisse Caesaris interficiendi criminatur, nisi ut in me veterani incitentur: quod ego periculum non extimesco, modo vestri facti gloriam cum mea laude communicet. Ita nec Pisoni, qui in eum primus invectus est nullo assentiente, nec mihi, qui idem tricesimo post die feci, nec P. Servilio, qui me est consecutus, tuto in senatum venire licet; caedem enim gladiator quaerit eiusque initium a. d. XIII. Kal. Octobr. a me se facturum putavit, ad quem paratus venerat, quum in villa Metelli complures dies commentatus esset; quae autem in lustris et in vino commentatio potuit esse? itaque omnibus est visus, ut ad te antea scripsi, vomere suo more, non dicere.
[2] Quare quod scribis te confidere auctoritate et loqueantia nostra aliquid profici posse, nonnhil, ut in tantis malis, est profectum. Intellegit enim populus Romanus tres esse consulere qui, quia de re publica bene senserit, libere locuit sint, tuto in senatum venire non possint. Nec est praeterea quod quiqcuam exspectes. […]
[3] Quare spes est omnis in vobis; qui si  idcirco abestis ut sitis in tuto, ne in vobis quidem; sin aliquid dignum vestra gloria cogitatis, velim salvis nobis; sin id minus, res tamen publica per vos brevi tempore ius suum reciperabit. Ego tuis neque desum neque dero. Qui sive non referent, mea tibi tamen benivolentia fidesque praestabitur. Vale.

Sono oltremodo lietoche tu concordi con il mio punto di vista e con il mio discorso. Se mi fosse consentito parlare così un po’ più spesso, non ci vorrebbe un grande sforzo per ristabilire la libertà e la repubblica. Ma quell’individuo pazzo e criminale, mille volte più infame di quello di cui tu dicesti era stato ucciso il più infame degli uomini, sta cercando il momento buono per dare il via al massacro; e incolpandomi di essere stato l’ispiratore dell’uccisione di Cesare, non mira ad altro che a scatenarmi contro i veterani.Un pericolo, questo, che non mi fa paura, purchè esso accumuni la gloria della vostra impresa con i miei meriti. Intanto nè a Pisone, che è stato il primo ad attaccarlo, senza trovare consensi, nè a me, che ho fatto lo stesso trenta giorni dopo, nè a Publio Servillo, che ha seguito il mio esempio, è possibile recarsi in senato senza pericolo. Ciò che quel macellaio vuole è un massacro, e intendeva cominciare da me il 19 settembre; ed era venuto preparato allìappuntamento, dopo aver meditato per parecchi giorni nella casa di Metello. Figurati che meditazione, fra i bagordi e il vino! E così l’impressione di tutti, come ti ho già scritto, è stata non già che parlasse ma che vomitasse, secondo il suo stile.
Mi scrivi di avere fiducia che con la mia autorità e la mia eloquenza si possa ottenere qualche risultato concreto: e in realtà qualcosa si è ottenuto, se pensi alla gravità dei nostri mali. Ora il popolo romano si rende conto che ci sono tre consolari i quali, per la loro devozione alla repubblica e la franchezza della loro parola, non possono entrare senza pericolo in senato. Altro per ora non ti puoi attendere. […]
Dunque ogni speranza riposa in voi; ma se state lontani badano solo alla vostra sicurezza; neppure in voi. Se invece meditate qualche impresa degna della vosatra gloria, vorrei vivere abbastanza da vederla realizzata; e se ciò non fosse, la repubblica tuttavia riacquisteràò fra poco, per merito vostro i suoi diritti. Ai tuoi cari non manca e non mancherà il mio appogio. ricorrano a me o no, in ogni casoc ti è garantito il mio affettoe la mia fedeltà. Addio